giovedì 13 novembre 2008

IAB o non-IAB: questo è il problema

Che faccio, lo scrivo o no un post sull'ultima edizione dello IAB Forum?
E cosa scrivo:
- che ho seguito il convegno di apertura e si è parlato per il 90% di argomenti inconstistenti?
- che ai workshop pomeridiani sembrava di assistere a delle televendite?
- che agli stand sembrava di essere più ad una fiera di paese che non ad un incontro di "gente" esperta, o presunta tale, di comunicazione digitale?
- che forse sarebbe il caso aprire davvero una finestra sul futuro della comunicazione digitale?
- che sarebbe interessante avere maggiori testimonianze di casi concreti con numeri e dati?
- che fare una previsione di un +20% di crescita per il 2009 dello spending in digital advertising fa comodo ai soliti noti?
Non lo so, devo pensarci se scriverlo o meno un simile post.

Fonte immagine: sito IAB Forum

lunedì 3 novembre 2008

OpenID e il concetto di privacy

Privacy online: quando se ne parla mi viene sempre da sorridere. E quando se ne parla tirando in ballo i soliti "noti" (Google, Microsoft e i vari compagni di merende) mi viene ancora più da sorridere.
OpenID, ovvero la possibilità (finalmente) di poter accedere con una unica "chiave" di accesso, passatemi la ripetizione, a tutti i servizi che utilizziamo online.
Tralasciando i tecnicismi sul suo funzionamento e concentrandoci invece sul tema della privacy legato all'OpenID, quello che noto è che si cominciano già a delineare due grossi schieramenti: chi finalmente non vede l'ora di avere questa unica "chiave di accesso" dimenticandosi per sempre svariate ID e password (alcune inevitabilmente perse nei meandri della propria presenza online) e chi invece ritiene che l'unicità di questa ipotetica, neppure più di tanto, chiave di accesso possa in qualche modo minare la propria privacy online.
Fermo restando sul fatto che mi trovo pienamente d'accordo che un minimo di privacy debba comunque essere garantita, se una persona ha davvero paura che quello che fa online possa in qualche modo essere "visto" da terzi (siano essi una fantomatica Big G, Microsoft, etc. etc.) allora non dovrebbe proprio essere online, non dovrebbe avere un account Gmail o un profilo MSN, non dovrebbe usare i vari messenger, non dovrebbe essere su Facebook... mi fermo qui altrimenti non mi basterebbe l'intero blog.
Leggevo qualche tempo fa di una ricerca condotta sui digital native e sulla loro percezione della privacy. Quello che mi stupì leggendo i risultati era che i giovani "digitali" non hanno tanto paura che alcune "aziende" o "istituzioni" possano in qualche modo conoscere i loro comportamenti online, ma hanno paura della violazione della propria privacy da parte della stretta cerchia di persone che in qualche modo gli sono vicine (genitori in primis): i digital native, insomma, hanno paura che un genitore possa sapere quello che fa online, con chi chatta, che siti vede, il proprio profilo su Facebook etc. etc. Delle "istituzioni" gliene frega il giusto.
Non credete sia il caso di cominciare a rivedere il concetto stesso di privacy come lo abbiamo conosciuto finora?

mercoledì 29 ottobre 2008

Facebook Big Brother: che tristezza 2!

Ultimamente mi trovo un po' troppo spesso a parlare di Facebook. E oltretutto a parlarne non troppo bene. Forse è il caso che torni di nuovo a parlare di Twitter, visto che è un po' che non lo faccio e non vorrei che si offendesse.
A mio modo di vedere, la vera valenza dei social network dovrebbe essere quella di "facilitatori" nel mantenere labili relazioni sociali (la maggior parte della amicizie di Facebook sono "fittizie": vi sfido a trovare una persona nel mondo reale che ha oltre 1.500 amici). Premesso ciò, quando questa mattina ho letto che una studentessa/segretaria fiorentina di nome Janet Pitarresi ha inventato un "reality online su Facebook" non riuscivo a credere a quello che stavo leggendo. Indipendentemente dal discorso relativo alla valenza di un simile progetto, che mi lascia molto perplesso, quello che mi ha stupito è l'enorme successo che tale progetto ha riscosso in termini di adesioni. Non conosco nel dettaglio il funzionamento di questo reality, e quindi non posso dare un giudizio oggettivo, ma mi trovo d'accordo con Gabriele Ametrano quando parla del sovrapporsi di piani esistenti: Facebook stesso, se ci pensate bene, è già un "grande fratello" dove io posso sbirciare i profili dei miei amici e quelli pubblici, partecipare a gruppi, scrivere le mie opinioni etc. etc. Da quanto afferma la sua ideatrice, la differenza del reality starà nel fatto che i partecipanti dovranno cimentarsi ed esprimere le proprie opinioni su vari temi definiti dagli autori. E perchè allora non utilizzare un semplice forum? Forse perchè un forum non ha la stessa notiziabilità di Facebook?
Terrò sotto stretta osservazione il fenomeno e, forse, mi infiltrerò di nascosto tra i partecipanti.

lunedì 13 ottobre 2008

Facebook Party: che tristezza!

Girovagando in rete mi sono imbattuto nel resoconto e in bellisime (ironico!) foto del Facebook Party che si è tenuto a Roma ieri sera. Ricordo ora di aver sentito con parte dell'orecchio destro, mentre il sinistro ascoltava cose più interessanti, una veloce notizia in qualche TG.
Un Facebook Party? Ho capito bene? Cioè vuol dire un party dove mi devo sorbire le foto che diventano reali dei miei "amici"? Un evento in cui devo fare il finto interessato a tutto quello che questi presunti "amici" mi raccontano della loro vita da quando non ci frequentiamo più? (e se non ci frequentiamo più un motivo ci sarà).
Dal mio punto di vista, all'intero di ciascuna "comunità" che fa capo ad una persona, gli utenti di Facebook possono dividersi in due macro-cluster: quelli che realmente frequentano e sono in contatto con quella persona (e allora che bisogno c'è di vedersi in un Facebook Party?) e quelli che forse una volta erano degli amici ma che ora possono definirsi semplici conoscenti, nel migliore dei casi, e di cui non ce ne frega niente né di avere notizie né di frequentare (quanto volte abbiamo accettato un invito a diventare "amici" per il solo motivo di non far rimanere male chi ce lo ha proposto?).
Comincio a pensare che c'è qualcosa nel concetto di "amicizia" che sta alla base di Facebook che non funziona. In fondo, su Facebook possiamo essere tutti potenzialmente "amici", nella vita reale no!

Immagine: Logo Facebook (fonte: facebook.com)

domenica 5 ottobre 2008