lunedì 28 febbraio 2011

Talking about advertising and crowd

Nelle fasi pioneristiche della Silicon Valley, precedentemente l'inconcepibile ascesa di Google, la pubblicità era generalmente considerata con palese disprezzo. A quell'epoca la pubblicità era spesso considerata il peccato originale del brutto mondo dei media tradizionali che ci stavamo lasciando alle spalle. Le inserzioni pubblicitarie erano al cuore stesso del peggiore dei demoni che intendevamo distruggere, la televisione commerciale.
Ironicamente, la pubblicità è oggi ritenuta la sola forma di espressione meritevole di essere protetta dal punto di vista commerciale nel mondo a venire. Qualsiasi altra forma di espressione deve essere rimescolata, resa anonima e decontestualizzata al punto di diventare priva di significato. La pubblicità, invece, è sempre più legata al contesto e il suo contenuto è considerato sacrosanto e intoccabile. Nessuno, e intendo proprio nessuno, osa fare mash-up delle inserzioni di Google che compaiono ai margini dei siti web. Quando Google cominciò la sua ascesa, nella Silicon Valley si potevano udire conversazioni come questa: "Un attimo, ma noi non odiavamo la pubblicità?". "Be', odiavamo quella vecchia. Quella nuova è discreta e utile".
La centralità della pubblicità nella nuova economia dell'alveare digitale è assurda, e ancora più assurdo è che in generale non lo si riconosca. La pretesa più esasperante della filosofia digitale ufficiale regnante è quello secondo cui le folle che lavorano gratis in alcuni campi ottengano risultati migliori degli antidiluviani esperti remunerati. Come esempio si porta spesso Wikipedia. Se questo fosse vero - e, come ho spiegato, nelle giuste condizioni talvolta può esserlo - perchè questo principio non intacca la persistenza della pubblicità come business?
Un sistema efficiente e onesto, basato sulla saggezza della folla, dovrebbe ostacolare la persuasione a pagamento. Se la folla fosse tanto saggia, saprebbe indirizzare nel modo migliore scelte quali le finanza personali, lo sbiancamento dei denti, la ricerca di un amante. Tutte quelle inserzioni a pagamento diventerebbero controverse. Ogni centesimo guadagnato da Google ci parla del fallimento della folla: e di centesimi, Google ne sta guadagnando parecchi.

Da "Tu non sei un gadget" di Jaron Lanier.