Per anni l'advertising online è stato il fratello povero dell'advertising offline, quello ricco, quello con i soldi, con i budget per produzioni astronomiche, per viaggi di shooting in località esotiche per girare degli spot in appartamenti e chi più ne ha più ne metta.
E se invece si invertisse tutto? E se invece la pubblicità televisiva diventasse un semplice "trailer" della comunicazione online?
Pensate che tra qualche anno ci troveremo nella stessa situazione a parti invertite? L'online avrà budget astronomici e farà gli stessi errori oppure saprà imparare dagli sbagli passato?
Qui trovate un interessante articolo sul blog della Harvard Business Review.
Credits: Roberto Venturini
martedì 13 dicembre 2011
La caja tonta (la TV) e l'online
venerdì 18 novembre 2011
Benetton: come si pianifica una campagna pubblicitaria
Campagna Shock (che poi cosa ci sarà di così scioccante non lo so).
Un solo giorno di pianificazione.
Costi ridotti, anche di produzione.
Eco mondiale, impression e GRPs alle stelle.
Bravi!!!
Dovremmo tutti prendere esempio da loro.
Un solo giorno di pianificazione.
Costi ridotti, anche di produzione.
Eco mondiale, impression e GRPs alle stelle.
Bravi!!!
Dovremmo tutti prendere esempio da loro.

martedì 8 novembre 2011
giovedì 13 ottobre 2011
giovedì 6 ottobre 2011
mercoledì 27 luglio 2011
martedì 12 luglio 2011
Come nascono le buone idee?
Da vedere, per l'animazione ma soprattutto per il contenuto.
Steve Johnson, Where good ideas come from - The natural history of innovation
Steve Johnson, Where good ideas come from - The natural history of innovation
lunedì 11 luglio 2011
Anti PowerPoint Party

"Frenare il fenomeno del tempo perso nella economia, nell’industria, nella ricerca e nelle Università", questo l'intento del movimento internazione Anti PowerPoint Party, nato nel maggio del 2011 con l'obiettivo di contrastare l'uso spregiudicato del programma più usato al mondo per presentare progetti di lavoro.
Una giusta causa!
giovedì 7 luglio 2011
Baker Tweet

Immaginate un panettiere al lavoro. Immaginate questo panetterie che sforna dei cornetti alla marmellata. Immaginate che voglia comunicarlo a tutti i suoi clienti. Immaginate che decida di farlo via Twitter. E ora immaginate che possa farlo direttamente dal suo forno con le mani piene di farina.
Vi state chiedendo come può essere possibile? Grazie a Baker Tweet, il panettiere non dovrà fare altro che girare su un apparecchietto una apposita rotellina, scegliere il contenuto che vuole tweetare, spingere sul bottoncino e, magia delle magie, il tweet viene inviato a tutti i follower.
Stiamo inevitabilmente andando verso il Social Web of Things!
Guardatevi anche il video, molto carino.
BakerTweet from POKE on Vimeo.
venerdì 3 giugno 2011
lunedì 16 maggio 2011
mercoledì 11 maggio 2011
Goodbye Derek
Da leggere e riflettere.
Penmachine
Penmachine
mercoledì 20 aprile 2011
AC Holding
Un sito che trovo fantastico e geniale! (grazie per la segnalazione, tu sai chi sei).
Andate a vederlo, questo è il link... sono sicuro che rimarrete senza parole.
Fidatevi, andate a guardarlo.
Andate a vederlo, questo è il link... sono sicuro che rimarrete senza parole.
Fidatevi, andate a guardarlo.
martedì 12 aprile 2011
venerdì 8 aprile 2011
mercoledì 30 marzo 2011
9 geek su 10... per intenditori!

lunedì 28 febbraio 2011
Talking about advertising and crowd
Nelle fasi pioneristiche della Silicon Valley, precedentemente l'inconcepibile ascesa di Google, la pubblicità era generalmente considerata con palese disprezzo. A quell'epoca la pubblicità era spesso considerata il peccato originale del brutto mondo dei media tradizionali che ci stavamo lasciando alle spalle. Le inserzioni pubblicitarie erano al cuore stesso del peggiore dei demoni che intendevamo distruggere, la televisione commerciale.
Ironicamente, la pubblicità è oggi ritenuta la sola forma di espressione meritevole di essere protetta dal punto di vista commerciale nel mondo a venire. Qualsiasi altra forma di espressione deve essere rimescolata, resa anonima e decontestualizzata al punto di diventare priva di significato. La pubblicità, invece, è sempre più legata al contesto e il suo contenuto è considerato sacrosanto e intoccabile. Nessuno, e intendo proprio nessuno, osa fare mash-up delle inserzioni di Google che compaiono ai margini dei siti web. Quando Google cominciò la sua ascesa, nella Silicon Valley si potevano udire conversazioni come questa: "Un attimo, ma noi non odiavamo la pubblicità?". "Be', odiavamo quella vecchia. Quella nuova è discreta e utile".
La centralità della pubblicità nella nuova economia dell'alveare digitale è assurda, e ancora più assurdo è che in generale non lo si riconosca. La pretesa più esasperante della filosofia digitale ufficiale regnante è quello secondo cui le folle che lavorano gratis in alcuni campi ottengano risultati migliori degli antidiluviani esperti remunerati. Come esempio si porta spesso Wikipedia. Se questo fosse vero - e, come ho spiegato, nelle giuste condizioni talvolta può esserlo - perchè questo principio non intacca la persistenza della pubblicità come business?
Un sistema efficiente e onesto, basato sulla saggezza della folla, dovrebbe ostacolare la persuasione a pagamento. Se la folla fosse tanto saggia, saprebbe indirizzare nel modo migliore scelte quali le finanza personali, lo sbiancamento dei denti, la ricerca di un amante. Tutte quelle inserzioni a pagamento diventerebbero controverse. Ogni centesimo guadagnato da Google ci parla del fallimento della folla: e di centesimi, Google ne sta guadagnando parecchi.
Da "Tu non sei un gadget" di Jaron Lanier.
Ironicamente, la pubblicità è oggi ritenuta la sola forma di espressione meritevole di essere protetta dal punto di vista commerciale nel mondo a venire. Qualsiasi altra forma di espressione deve essere rimescolata, resa anonima e decontestualizzata al punto di diventare priva di significato. La pubblicità, invece, è sempre più legata al contesto e il suo contenuto è considerato sacrosanto e intoccabile. Nessuno, e intendo proprio nessuno, osa fare mash-up delle inserzioni di Google che compaiono ai margini dei siti web. Quando Google cominciò la sua ascesa, nella Silicon Valley si potevano udire conversazioni come questa: "Un attimo, ma noi non odiavamo la pubblicità?". "Be', odiavamo quella vecchia. Quella nuova è discreta e utile".
La centralità della pubblicità nella nuova economia dell'alveare digitale è assurda, e ancora più assurdo è che in generale non lo si riconosca. La pretesa più esasperante della filosofia digitale ufficiale regnante è quello secondo cui le folle che lavorano gratis in alcuni campi ottengano risultati migliori degli antidiluviani esperti remunerati. Come esempio si porta spesso Wikipedia. Se questo fosse vero - e, come ho spiegato, nelle giuste condizioni talvolta può esserlo - perchè questo principio non intacca la persistenza della pubblicità come business?
Un sistema efficiente e onesto, basato sulla saggezza della folla, dovrebbe ostacolare la persuasione a pagamento. Se la folla fosse tanto saggia, saprebbe indirizzare nel modo migliore scelte quali le finanza personali, lo sbiancamento dei denti, la ricerca di un amante. Tutte quelle inserzioni a pagamento diventerebbero controverse. Ogni centesimo guadagnato da Google ci parla del fallimento della folla: e di centesimi, Google ne sta guadagnando parecchi.
Da "Tu non sei un gadget" di Jaron Lanier.
mercoledì 2 febbraio 2011
Dudeisti del mondo uniti!
lunedì 24 gennaio 2011
Papa Benedetto XVI benedice i social network
Ora siamo davvero tutti più contenti!
giovedì 20 gennaio 2011
Dizionario Enciclopedico Treccani Informatica, ICT e media digitali
Allora è vero che al peggio non c'è mai fine!
Ma alla Treccani si rendono conto della contraddizione nei termini che un simile "dizionario enciclopedico" si porta dentro?
Si rendono conto che il tempo di scriverlo ed è già vecchio?
Si rendono conto che la maggior parte degli utenti cerca le info "enciclopediche" su Wikipedia?
Non hanno ancora capito che è cambiato il modo di fruizione delle informazioni, soprattutto di chi cerca le informazioni sui temi dell'informatica, dell'ICT e dei media digitali.
Mi ricorda molto il libro Internet '96 e i suoi successori. Ma nel '96 questo libro forse aveva un senso.
Nel 2011 un Dizionario Enciclopedico di informatica, ICT e media digitali non ha davvero senso.
Ma alla Treccani si rendono conto della contraddizione nei termini che un simile "dizionario enciclopedico" si porta dentro?
Si rendono conto che il tempo di scriverlo ed è già vecchio?
Si rendono conto che la maggior parte degli utenti cerca le info "enciclopediche" su Wikipedia?
Non hanno ancora capito che è cambiato il modo di fruizione delle informazioni, soprattutto di chi cerca le informazioni sui temi dell'informatica, dell'ICT e dei media digitali.
Mi ricorda molto il libro Internet '96 e i suoi successori. Ma nel '96 questo libro forse aveva un senso.
Nel 2011 un Dizionario Enciclopedico di informatica, ICT e media digitali non ha davvero senso.
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