Privacy online: quando se ne parla mi viene sempre da sorridere. E quando se ne parla tirando in ballo i soliti "noti" (Google, Microsoft e i vari compagni di merende) mi viene ancora più da sorridere.
OpenID, ovvero la possibilità (finalmente) di poter accedere con una unica "chiave" di accesso, passatemi la ripetizione, a tutti i servizi che utilizziamo online.
Tralasciando i tecnicismi sul suo funzionamento e concentrandoci invece sul tema della privacy legato all'OpenID, quello che noto è che si cominciano già a delineare due grossi schieramenti: chi finalmente non vede l'ora di avere questa unica "chiave di accesso" dimenticandosi per sempre svariate ID e password (alcune inevitabilmente perse nei meandri della propria presenza online) e chi invece ritiene che l'unicità di questa ipotetica, neppure più di tanto, chiave di accesso possa in qualche modo minare la propria privacy online.
Fermo restando sul fatto che mi trovo pienamente d'accordo che un minimo di privacy debba comunque essere garantita, se una persona ha davvero paura che quello che fa online possa in qualche modo essere "visto" da terzi (siano essi una fantomatica Big G, Microsoft, etc. etc.) allora non dovrebbe proprio essere online, non dovrebbe avere un account Gmail o un profilo MSN, non dovrebbe usare i vari messenger, non dovrebbe essere su Facebook... mi fermo qui altrimenti non mi basterebbe l'intero blog.
Leggevo qualche tempo fa di una ricerca condotta sui digital native e sulla loro percezione della privacy. Quello che mi stupì leggendo i risultati era che i giovani "digitali" non hanno tanto paura che alcune "aziende" o "istituzioni" possano in qualche modo conoscere i loro comportamenti online, ma hanno paura della violazione della propria privacy da parte della stretta cerchia di persone che in qualche modo gli sono vicine (genitori in primis): i digital native, insomma, hanno paura che un genitore possa sapere quello che fa online, con chi chatta, che siti vede, il proprio profilo su Facebook etc. etc. Delle "istituzioni" gliene frega il giusto.
Non credete sia il caso di cominciare a rivedere il concetto stesso di privacy come lo abbiamo conosciuto finora?
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